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Il condannato in esito a un giudizio abbreviato che non abbia proposto impugnazione deve poter essere ammesso dal giudice dell´esecuzione alla sospensione condizionale e alla non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando per effetto della diminuzione di un sesto prevista dalla Riforma Cartabia la pena inflittagli non superi i due anni di reclusione
Argomento: Benefici di Legge
Sezione: Corte Costituzionale
“[…] 1.– […], il GIP del Tribunale di […] ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., «nella parte in cui non prevede che il Giudice dell’esecuzione possa concedere la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, ove la diminuzione automatica di pena per la mancata impugnazione della sentenza di condanna emessa in sede di giudizio abbreviato comporti l’applicazione di una pena contenuta nei limiti di legge di cui all’art. 163 c.p. e ricorrendone gli ulteriori presupposti», in riferimento agli artt. 3, 27, commi primo e terzo, 111, 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU.
La disposizione censurata, introdotta dall’art. 24, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 150 del 2022 nel testo dell’art. 442 cod. proc. pen. (disciplinante nel suo complesso la decisione del giudizio abbreviato), prevede che «[q]uando né l’imputato, né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione».
Il rimettente – investito, in qualità di giudice dell’esecuzione, di una richiesta di riduzione della pena ai sensi della disposizione censurata, con contestuale istanza di sospensione condizionale della pena medesima e di non menzione della condanna – ritiene che il testo della disposizione gli precluda di provvedere sui benefici richiesti. E ciò anche quando, come nel caso oggetto del procedimento a quo, solo in seguito a tale riduzione la pena risulti contenuta entro i limiti di legge che consentono, in astratto, di applicare entrambi i benefici.
Il giudice a quo solleva dunque due distinti gruppi di questioni di legittimità costituzionale, in riferimento ai parametri menzionati, aventi a specifico oggetto la lacuna normativa rappresentata dalla mancata previsione, da parte della disposizione censurata, del potere del giudice dell’esecuzione di provvedere anche in merito a tali benefici.
Il primo ruota attorno alla denuncia di una «lacuna normativa intrinsecamente irragionevole in relazione alla funzione rieducativa», con conseguente violazione degli artt. 3 e 27, commi primo e terzo, Cost.
Il secondo gruppo di censure evidenzia [continua ..]
Sezione: Corte Costituzionale
(C.Cost., 19 dicembre 2024, n. 208)
Stralcio a cura di Lorenzo Litterio
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